Ludopatia

giocoIl Codacons ha commissionato un’indagine sulla dipendenza da gioco e la ricerca svolta da Matteo Temporin dell’Università Cattolica di Brescia su 300 persone in 20 sale sparse in tutta Italia ha rilevato che i giocatori dipendenti sono prevalentemente uomini, disoccupati, stranieri, con bassa scolarizzazione e con problemi di relazione. Ne soffrono anche il 25% delle casalinghe, il 17% degli studenti e dei pensionati; si frequentano le sale gioco praticamente ogni giorno e si gioca on line almeno una volta la settimana. L’85% dei giocatori ha una perdita giornaliera media di 40,00 euro, il 5% che vince ne guadagna 120,00. I giocatori patologici sono tra lo 0,5 e il 2,2%, gli uomini il 67%, le donne il 33% ma sono in aumento. Le sale video lottery, come ha detto il presidente di Codacons Carlo Rienzi, “sono senza luce, senza aria, rumorose e con fumo”.
Nella ricerca casalinga fatta dal mio edicolante le casalinghe inveterate arrivano a spendere anche 300,00 euro la settimana e, mi assicura non hanno un marito che fa il notaio; addirittura dopo che una aveva vinto una piccola sommetta, è stato lui stesso a dirle, vabbè per oggi direi che la sua soddisfazione al “Gratta e Vinci” se l’è tolta e la signora piccata, gli ha risposto che se lui le proponeva di smettere voleva dire che si sarebbe lasciata alle spalle una altrettanta piccola fortuna se non avesse rigiocato, così ha fatto ed ha perso tutto.
Quando l’America si muove allora si muovono, dopo un ponderato po’, anche gli italiani. Abbiamo scoperto il gambling. Le dipendenze da gioco, fantastico, da quando le hanno individuate, e hanno un nome, in Italia è “ludopatia”,  hanno acquisito dignità. Prima si diceva semplicemente “quello là ha il vizio del gioco” così come si diceva di qualcuno “ha il vizio del bere” e tutto finiva lì,  con un tono sotteso di disapprovazione che non lasciava adito a repliche; te ne parlava qualche moglie disperata, qualche sorella desolata, qualche madre  affranta, il giocatore quasi mai. Era una vergogna. Ora che il “vizio” ha acquisito dignità di malattia vera e prorpia, è lo è, finalmente si comincia ad uscire allo scoperto, come si dice oggi, si fa outing, cioè a dire se ne può parlare senza vergognarsene troppo. In realtà, senza nulla togliere al doveroso e lodevole lavoro svolto, il vero giocatore non è il classico marocchino, scappato in Italia, senza fissa dimora,  che spende i quattro soldi che gli sono rimasti dopo essersi comprato chili di sigarette. Il target andrebbe alzato, o abbassato, a seconda da dove guardiamo la faccenda: adolescenti annoiati, con un certo benessere, sì perchè forse sono gli unici che non han risentito per niente della crisi, vivere coi genitori e magari con la nonna in casa (portatrice di pensione personale, reversibilità dal marito defunto e accompagnamento) ha permesso loro di non perdere mai la paghetta “dovuta” e poi, si sa come sono le nonne, han sempre nascosto da qualche parte della casa o addirittura del loro corpo, tozzetti di soldi arrotolati. L’altro target sono le casalinghe che da che mondo è mondo fan la cresta sulla spesa e pian piano raccolgono una certa cifra per poi giocarla tutta intera o a spizzichi e bocconi alla ricerca di una vittoria che le porterà alla fuga dalla loro vita tutta grigia. Ma ancora, chi di noi non conosce un fior fiore di professionista che ha giocato entrate,  proprietà sue e della famiglia a un tavolo da poker?
Gargoglia, tanto per non fare nomi, per anni usciva di casa abbandonando le pattine solerti che la moglie, buon’anima, gli imponeva di calzare ogni volta che entrava in casa. Le mollava al loro destino facendole scivolare indietro con forza liberatoria, tanto che, dall’ingresso, finivano nel salotto e, chiusa con attenzione la porta di casa alle spalle, emetteva un profondo respivo. Prendeva l’ascensore e si rintanava per ore a fare sistemini, per sé e per gli amici, da giocare al bar. Quando vincevano stappavano una bottiglia di rosso e facevano una cantatina. Era il gioco dell’evasione. Adesso si gioca per disperazione, in solitudine assoluta, nel nascondimento e nel senso di colpa annacquato dalla falsa speranza che la possima volta andrà meglio. Non fraintendetemi, Gargoglia gioca ancora, ma, da due anni, da quando cioè gli è morta la moglie che non gli permetteva di far entrare nessuno nella sua casa,  i sistemini li prepara nel suo salotto con gli amici.  Anzi, l’altro giorno ha apposto in bacheca che “Date le precipitazioni continue che ci affliggono si invitano i sigg. condomini che ne volessero approfittare, a trovarsi nell’appartamento dell’inquilino Gargoglia a far passare un po’ il tempo: si gioca (?), si chiacchiera e il sottoscritto vi racconterà cosa sa delle nuvole!”