Filosofia delle nuvole di Luca Mercalli – Recensione

indexE’ doveroso, dopo mesi di pioggia, tempeste e quant’altro, accorgerci delle nuvole che, al di sopra di ogni altra cosa, meteoriti a parte (Silenziosamente al mattino…), incombono leggiadre sulle nostre teste. Si impone che si legga o, almeno, che se ne sappia qualcosa, del meraviglioso manuale di Luca Mercalli “Filosofia delle nuvole”.
Titolo quanto mai azzeccato, è un manuale ma anche un’ode alla nuvola, alla sua estrosità e bellezza mutevoli. Tutti ci parlano delle nuvole: gli scienziati della meteorologia, i poeti e gli scrittori, i musicisti, i pittori, i fotografi, i satelliti, la gente comune come noi. Le nuvole sono tutto, scienza e poesia, come dire psiche e soma,  inscindibili su questa terra. Provate a sdraiarvi d’estate su un prato a guardare il cielo e, se vedete delle nuvole, seguitele con lo sguardo e vi accorgerete che vi si apre un mondo. Ma bando alle ciance, Luca Mercalli, da par suo da un’infintà di informazioni sulle nuvole quindi sulla vita, su di noi che le guardiamo e su quelli di noi che non le guardiamo mai.  Sfata luoghi comuni, spiega la verità che sta dietro ad alcuni proverbi, ci racconta della Società di Meteorologia che è un organismo scientifico importante, ci racconta della immensa mole di letteratura in cui si parla delle nuvole,  ma, soprattutto ci trasmette il suo grande amore per questo pianeta che ci ospita e che con le sue nuvole ci accarezza e ci protegge, insegnandoci ad amarlo ancora di più.
Anni fa in passeggiata con due bimbi vispi mi accorsi che il tempo si stava guastando e non ero attrezzata per la pioggia, allora non usavo alzare il naso prima di uscire: in alto sopra di noi il cielo si era coperto di nuvole e dissi quasi tra me e me dubbiosa “chissà se ce la faremo a non prendere l’acqua!”. I bambini alzarono gli occhi al cielo, cosa che peraltro fanno spesso i bambini, e il più grande, dopo qualche momento di attenta riflessione disse “Non ti preoccupare, sono solo cumuli”. E così fu, avevano appena studiato il cielo e la forma delle nuvole e imparai che dai cumuli non viene pioggia, come l’aveva appena imparato lui stesso la mattina a scuola. Mi sono fidata ciecamente di quella risposta così tecnica, così lontana da quei banali “Speriamo di no perchè non se ne può più” che si sentono continuamente.  La sua risposta mi ha tranquillizzata e abbiamo smesso di pensare all’acqua sulle nostre teste continuando la nostra passeggiata allegramente. Da allora ho imparato a guardare sempre il cielo sopra di me e ad amarne le mutevolezze e quelle rare volte che con me c’è quel bambino che ora è diventato grande, prima di uscire di casa gli chiedo ancora “Guarda un po’ su, pioverà?”.